Pensieri



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giovedì 31 gennaio 2013

"UNDICI", la collettiva in mostra nella Galleria ARTES CONTEMPORANEA di Campobasso. Il valore estetico di un qualsivoglia "prodotto" artistico si lega sempre alla Bellezza.


Il Quotidiano del Molise
del 28 gennaio 2013
di Paolo Giordano

Il catalogo della Mostra
“Il valore estetico di ogni qualsivoglia “prodotto” artistico si lega fortemente ad un elemento ben preciso… questo elemento è la bellezza o, meglio, l’idea che si ha di essa” (Silvia Valente).
Non v’è miglior invito, se non quanto scritto nel  catalogo, per sentirsi motivati a visitare “11 undici” la collettiva allestita nella sala espositiva della galleria ARTES in Campobasso, dal 19/01 al 16/02/2013. Sono appunto undici gli artisti di cui è possibile ammirare la produzione: Alberto Burgo, Mariagrazia Colasanto, Giovanna D’Aquila, De Michelis, Luigi Grassi, Sara Iafigliola, Silvana Mosca, Francesco Paglione, Elena Petrocco, Angela Santoro e Carmine Santoro.
Cos’altro, infatti, se non la ricerca del bello può spingere il visitatore il quale, proprio alla visione della bellezza, prova piacere? Certo il personale metro di giudizio non può assurgere ad universale, né tanto meno può generare isolamento intellettuale. Necessita indiscutibilmente la condivisione di emozioni, sensazioni e perplessità per meglio indagare e capire.
Tommaso Evangelista e
l'artista Sara Pellegrini
(fonte internet)
L’approccio con l’arte contemporanea non è facile, uno dei rischi ricorrenti è il voler a tutti i costi (ed ostinatamente) attribuire un “valore estetico ad un opera previa comprensione e accettazione profonda del significato che l’artista ha voluto assegnarle”. Proprio per affrontare e superare questa ed altre difficoltà il Direttore Artistico, Vincenzo Manocchio, ha in animo di promuovere una serie di incontri e tavole rotonde, con addetti ai lavori, che consentano al pubblico un percorso “educativo”. Non solo organizzazione di eventi quindi, ma anche occasioni di stimolo e crescita interiore, nonché di “evoluzione”. Cornice e contenitore sono, e saranno, gli accoglienti locali di una casa degli inizi del 1900, che come ogni struttura coeva ha una sua particolare personalità: un luogo al centro della Città di cui la stessa avvertiva la mancanza. 
“Undici”, curata da Silvia Valente e Tommaso Evangelista, permette ad artisti giovani e meno giovani, esordienti e non, di misurarsi per la prima volta con il “mercato” in uno spazio espositivo dove il discorso culturale si coniuga con quello commerciale. Ogni Galleria d’Arte non può esimersi dal veicolare il gusto dei potenziali acquirenti. 
Le verità nascoste
di Elena Petrocco
Gli “undici” differiscono nella tecnica, negli stili, nei materiali e nei messaggi. Si va dalla pittura tradizionale con le sue varie declinazioni (astratto, materico, informale) a linguaggi contemporanei (grafica d’arte, fotografia, istallazione), passando per la calcografia della campobassana Petrocco. Inoltre lo stesso genere non esclude diversità: la grafica di Paglione (figlio del compianto maestro Leo) è “pop” quella di Burgo è “espressionista”. Lo stesso dicasi per la fotografia:  lo “sviluppo” di Grassi con procedimento analogico permette di ottenere particolari e suggestivi effetti pittorici. Non si tratta semplicemente di scelta tra le tante infinite possibilità espressive, seguendo la propria personale inclinazione, è invece di sicuro un segnale del bisogno di rinnovamento dei valori in una società che ha come obiettivo rendere gli uomini sempre più “strumenti” impersonali.
Il fruitore, dal canto suo, se è un appassionato/conoscitore apprezzerà l’esposizione, altrimenti dovrà cogliere l’occasione offertagli (oltre alle future) per meglio rapportarsi al contemporaneo.
Basilare si rivela l’assunto crociano per cui ogni uomo nel parlare comunica sentimenti, esprimendo così il suo vissuto in immagini. Egli è pertanto poeta ed artista. Infatti per Benedetto Croce l’espressione artistica non è un’esclusiva dei grandi autori, bensì è comune a tutti gli uomini. L’artista produce un’opera e colui che gusta l’arte volge l’occhio al “punto” additatogli. Lo fa guardando attraverso lo spiraglio aperto e, quindi, nel riprodurre in sé quell’immagine dimostra il suo essere anch’egli artista.

Dentro
 (omaggio a Pettinicchi)
di Alberto Burgo

 Volaverunt
(da Goya ) quinto stato
di Alberto Burgo

Closer- serie

di Luigi Grassi


mercoledì 30 gennaio 2013

Nel 1912 moriva il maestro Michele De Nigris autore del settenario dell'Addolorata e del Coro del "Teco vorrei Signore", cantato a Campobasso durante la processione del venerdì Santo.


Il Quotidiano del Molise
del 30/03/2012


di Paolo Giordano

la tomba del De Nigris nel cimitero di Campobasso
Ricorre quest’anno (2012) il centenario della morte del Maestro Michele De Nigris (nato nel 1828?). 
Fu docente di musica e canto al Mario Pagano, nella Regia Scuola Normale Femminile ed in quella tecnica “Vincenzo Cuoco”. 
Amato e rispettato da alunni e colleghi “dopo aver dato tutta la sua nobile esistenza all’arte, alla scuola ed alla famiglia” si spense serenamente in tarda età, a 84 anni, il 27 gennaio 1912. Educò all’arte musicale anche attraverso testi da lui stesso scritti come “Ristretto di Grammatica Musicale”. Il De Nigris, comunque, è ben noto per i suoi componimenti, regolarmente infatti ogni anno i campobassani (e non) sono affascinati e sconvolti nel profondo dell’anima da due sue opere: il settenario dell’Addolorata ed il suggestivo coro del venerdì santo (la cui trascrizione per "banda" è opera del noto musicista Lino Tabasso).
Nel “Teco vorrei Signore”, che accompagna il Cristo morto in processione per le vie cittadine, musicò le prime due strofe dell’introduzione alla via crucis comunemente attribuita all’abate Pietro Metastasio.
Il "Teco vorrei"
nella trascrizione per banda di L. Tirabasso (archivio Cattedrale)
da "Campobasso Capoluogo diel Molise" Palladino Editore
Il Settenario, invece, datato secondo alcuni 1890 (Giuseppe Di Fabio, Eduardo Di Iorio) e 1891 secondo altri (Letizia Bindi, Giovanni Mascia), è il tradizionale struggente canto che si alterna con le preghiere recitate durante i 7 giorni (sabato-venerdì) che precedono la Domenica delle Palme. 
Il titolo dell’inno è “Oh, di Gerico Beata” ma da tutti è conosciuto come “zuchetezu” o “zucheta-zù” o ancora “zù ctè zù”, termine di varia interpretazione. 
Giovanni Mascia scrive di “voce onomatopeica ispirata dal fraseggiare profondo dei contrabbassi”, Letizia Bindi ed Elia Rubino lo “traducono” con “botta e risposta” – “domanda e risposta”. 
Sarebbe, insomma, una parola dialettale che indica il dialogo tra violini e contrabbasso (o solamente contrabbasso) che chiude le varie parti. 
Non è assolutamente da escludere che ci si riferisca alla struttura del canto in cui le voci si intrecciano continuamente l’una all’altra (canto e controcanto). Il canonico Giuseppe Di Fabio suppone, infine, che abbia origine “dalle ultime note del canto stesso”. E’ altamente spirituale quel che il compianto don Armando Di Fabio ravvisa nelle intenzioni del Maestro.
La Cappella (oggi chiusa)
in cui sono conservate
le spoglie mortali del musicista
L’incipit è costituito da iniziali “note di assonanza molto stridenti che stanno ad indicare la “rabbia” dell’uomo di fronte al dolore, ma poi nella contemplazione di Dio, che accetta il dolore e la sofferenza e di più la morte per noi, la musica si placa fino a coinvolgere tutti e far dire: “fa che io teco viva e spiri ché felice ognor sarò”.Nella storica chiesa di Santa Maria della Croce gli intervenuti, molti dei quali con i capelli bianchi, regolarmente si commuovono ascoltando le parole e le note dello “zuchetezu”. 
Eppure del De Nigris rischiano di perdersi irrimediabilmente sia le notizie biografiche che quelle artistiche. 
La sua tomba, come quella di tanti altri personaggi molisani, versa in un vergognoso stato di degrado e di abbandono. 
Ma del resto…molliter ossa cubent! Dolcemente i resti mortali riposino, mentre noialtri, inutilmente, in battaglie forse già perse in partenza tanto ci affanniamo!

mercoledì 16 gennaio 2013

Messaggi e riproduzioni in scala, atti d'amore verso Campobasso

Il Quotidiano del Molise
del 15/01/2013

di Paolo Giordano

“You have just stepped through one of the gates of the old Town Campobasso was born here, grant to this site the respect it deserves: hai appena varcato una delle porte di accesso al Borgo Antico, qui nacque Campobasso, concedi a questo luogo il rispetto che meriti!”
E’ con questo cartello stampato su “simil” pergamena che un esercente del centro storico invita i visitatori ad entrare, in quasi sacrale rispetto, nella cinta muraria che tradizione vuole realizzata dai Monforte. Lo fa attraverso un messaggio bilingue, perché crede fermamente che anche degli stranieri possano visitare e vivere Campobasso.
Il testo è più incisivo di quel che sembrerebbe poiché un apparente refuso cela in realtà un significato ben più profondo, siamo dinanzi all’evangelico “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”: concedi al mondo lo stesso rispetto che ritieni sia dovuto a te!
E’ questo uno dei tanti spontanei atti di amore verso la nostra città. Atti che a macchia di leopardo vengono compiuti da cittadini qualunque, accomunati dal desiderio di riscattare le sorti del territorio.
A qualche chilometro, nella chiesa di San Giuseppe Artigiano, “Gesù nasce pure a Campuasce”. Due presepisti, Vincenzo Matrella e Libero Di Tota, hanno ricostruito il Monte con tanto di chiese (le due romaniche dei Santi Bartolomeo e Giorgio e la Madonna dei Monti) e di turrito Castello Monforte.
Il presepe opera di
Vincenzo Matrella e Libero Di Tota
Un’ambientazione estremamente significativa in un quartiere, per così dire, lontano dal borgo antico. Il maniero da sempre è stato per gli abitanti del capoluogo emblema identitario, visibile da ogni dove. Con lo sviluppo urbano sono sorte aree da cui non è più possibile ammirarlo ed il processo migratorio, dai paesi limitrofi, ha ridimensionato il valore simbolico della rocca di Cola.
Anche ciò provoca disinteresse e disamore verso la Storia Patria, con i conseguenti atti di vandalismo e grafomania, indiscutibili effetti di un dilagante inaridimento socio culturale. In attesa che i preposti corrano ai ripari ben vengano coloro che, pur non ricoprendo cariche o non appartenendo a specifiche categorie, non mancano di lanciare il loro personale appello in difesa delle proprie radici: e tu che sei appena entrato lì dove nacque Campobasso tributa a questo luogo il rispetto che merita!


Particolare del  presepe
 San Giuseppe Artigiano
Campobasso Natale 2012


Le due chiese romaniche, la Madonna dei Monti
ed il Castello dei Monforte nella
"riproduzione in scala" di Matrella e Di Tota
(Natale 2012)