Pensieri



Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi.

martedì 25 ottobre 2011

Il mercato coperto di Campobasso (1957), importante progetto di Enrico Mandolesi, è stato utilizzato quale "sfondo" per un murale del noto artista Ericailcane. Ma chi, e perché, ha individuato in tale struttura li sito idoneo per questa operazione?

Se dovrà tornare a vivere perché hanno stanziato soldi per la creazione di un dipinto da cancellare?
Il mercato coperto di Campobasso sfondo per i murales
Il Quotidiano del Molise del 12/10/2011
di Paolo Giordano

Agli inizi di ottobre 2011 si è concluso a Campobasso il festival Draw The Line dedicato alla street art. L’ultimo artista a partecipare è stato Ericailcane che ha realizzato un “mega vento” lungo il perimetro esterno del Mercato Coperto.


Fermo restando che non si vuole assolutamente entrare in merito a valutazioni artistiche, è bene interrogarsi sull’opportunità di inserire la struttura progettata dall’ingegner Enrico Mandolesi in questo programma di riqualificazione urbana. Se è vero che si tratta di un complesso in stato di abbandono e degrado è anche vero che sono state le scelte politiche ed economiche a causare questa situazione. Se le responsabilità siano degli amministratori o dell’orientamento socio economico locale e nazionale non sta a noi qui stabilirlo. Oggi si parla di una sua ristrutturazione, ma con che destinazione d’uso? Il murale realizzatovi (e che sarà sicuramente costato) resterà o verrà “cancellato”? Se così sarà perché se ne è consentita l’esecuzione? Attendendo con fiducia le risposte è indispensabile soffermarsi sulla figura di Enrico Mandolesi, classe 1924 (25/11). Egli iniziò giovanissimo, nel 1948, l’attività professionale e nello stesso anno cominciò anche la sua carriera universitaria. Gli oltre sessanta anni (dai primi 50 ai 90) di ricca ed operosa attività sono caratterizzati da una spiccata poliedricità espressa nell’ambito della progettazione architettonica ed urbanistica, della ricerca e dell’innovazione tecnica e della didattica (nel 2002 venne nominato Professore Emerito dell’Università degli Studi “La Sapienza”). La sua vasta produzione, dalla realizzazione di edifici pubblici e quartieri residenziali alla pianificazione a scala urbana, dal disegno degli interni allo studio di sistemi costruttivi per la prefabbricazione nel settore edilizio, è testimonianza di un approccio alla progettazione che muove da una visione globale. Nelle sue opere la forma si integra alla soluzione costruttiva, come espressione legata all’evoluzione del linguaggio ed all’innovazione tecnologica.  Tutta la sua “ricerca” è ravvisabile nella sperimentazione di edilizia sociale del C.E.P. (Centro Edilizia Popolare) di Campobasso. Qui il Mandolesi attuò tecniche e soluzioni strutturali totalmente nuove per la città. Fu anche insignito del premio INARCH Molise, 1963. Suo è il progetto della chiesa del quartiere (San Giuseppe Artigiano). Con i propri collaboratori fu, quindi, promotore nel capoluogo di quel riassetto urbanistico che segnò il passaggio verso la “nuova dimensione” tipica della città italiana degli anni 50-60. Infine a lui si devono il palazzo I.N.A. ed ovviamente il Mercato Coperto (1957). Quest’ultimo, purtroppo, non è stato sottoposto a vincolo, sia perché il progettista è ancora in vita, e sia perché il Decreto Legge 70 del 13/05/2011-“Prime disposizioni urgenti per l’economia” ha stabilito lo slittamento dei termini da 50 a 70 anni. La struttura di via Monforte è stata ripetutamente citata da riviste specializzate ed ha un sua “voce” nell’enciclopedia dell’Architettura, quale struttura di riferimento nel suo genere. Per tutto questo è sembrata quanto mai ardita ed inopportuna la scelta di inserirlo, quale “base” per un murale, nel  festival Draw The Line.

************************************


un particolare
A supportare ulteriormente l'opinabilità di questa scelta va osservato che come si può chiaramente notare dalla foto di destra, a causa del pendio del terreno (ne è tangibile prova la scalinata), il dipinto non è  completamente visibile.
La prospettiva è, quindi, condizionata e compromessa. Insomma... oltre al danno la beffa!
 

giovedì 6 ottobre 2011

L'ex G.I.L. di Campobasso ed il suo restauro. Un intervento che farà a lungo discutere. La rimozione delle scritte e dei decori originali


Il Quotidiano del Molise del 07/09/2011


Un giudizio sui lavori di recupero/ricostruzione dell’ex G.I.L. a Campobasso deve necessariamente essere rimandato ad un secondo momento. L’entusiasmo o la delusione della fase iniziale sono sempre pessimi consiglieri. Di primo acchito, però, viene da chiedersi perché non sia stata ripristinata la scritta “Gioventù Italiana (del Littorio)”. Ma quel che manca di più  ai campobassani sono i “Libro e Moschetto” presenti sulla struttura. Assolutamente non vi si sarebbe ravvisata l’apologia di reato. Si sarebbe solo mantenuta una decorazione emblematica del tempo e della tipologia di edificio.


una vecchia foto scattata
qualche giorno prima
dell'entrata in azione delle ruspe


L'ex G.I.L. di Campobasso ed il suo restauro. Un intervento che farà a lungo discutere


Il Quotidiano del Molise del 30/09/2011


l'edificio prima della demolizione.
Sono visibili sia la scritta Gioventù Italiana
 e sia l'insegna gialla del cinema

La ristrutturazione dell’ex G.I.L, che presto -si spera- sarà restituita alla cittadinanza, fornirà a lungo argomenti di confronto e scontro. Un nuovo spunto di riflessione è la scritta GIL che vi è stata apposta. Il complesso architettonico fu costruito durante gli ultimi anni del regime fascista con il nome di G.I.L. ovvero Gioventù Italiana del Littorio, come era leggibile sulle pareti laterali dell’edificio. Nel dopo guerra l’ultima parte della scritta venne rimossa tant’è che i campobassani chiamavano la struttura G.I. (gioventù italiana). La demolizione ha portato via con sé sia la “gioventù italiana” e  sia i “libro e moschetto”. Ripristinare in fase di ricostruzione tutto quel che c’era, nel rispetto del progetto originario, avrebbe avuto un senso. Non si comprende invece l’istallazione di un acronimo che non c’era,  e che non ha ragion di esistere poiché quell’immobile non è più la gioventù del littorio. Non si tratta nemmeno di una marca identificativa, né si ripropongono le architetture del Fillippone. Con opportuna forzatura si potrebbe ravvisare una forma di apertura ad uno studio scientifico ed obiettivo di un determinato periodo storico, ma è evidente che non è così. Quel che incuriosisce è la somiglianza dei caratteri con quelli usati spesso dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro. Basta anteporre una “C” ed il gioco è fatto!




Le opere pittoriche di Peppino Piccolo all'ex G.I.L. di Campobasso potrebbero rappresentare un primo interessante capitolo del patrimonio artistico Molisano



Il Quotidiano del Molise
del 30/09/2011


di Paolo Giordano

Il 31 dicembre 2010 scrivendo del pittore Peppino Piccolo (Mascalucia di Catania, 1903 - Pescara 1983) ci si chiedeva se i quattro grandi dipinti littorii fossero ancora nell’ex G.I.L. di Campobasso. Essi rappresentavano 1) un legionario con alle spalle la Penisola e le sue colonie africane. 2) l’Italia con le sembianze di una dea armata di spada che si staglia sulla pianta della città di Campobasso. 3) i vari livelli della gioventù littoria –dal balilla al miliziano– con un arco di trionfo per fondale e la lupa romana in primo piano. 4) un tributo alla potenza fisica del popolo italiano nelle figure di un pugile, due lottatori ed un trapezista in volo. Nell’essenzialità con cui l’autore interpretò la fisicità dei personaggi volle sicuramente cogliere la ruralità del territorio molisano.
Peppino Piccolo
nel 1938  
a Pomezia
In settembre (2011) la nuova struttura è stata inaugurata, ovvero e stata “presentata” agli organi di stampa. Nessuno, però, si è avveduto che in quel mese ricorreva l’anniversario della morte del Piccolo (il giorno 05 del 1983). In quella circostanza, comunque, si è potuto appurare che le sue  opere, importanti e rare testimonianze di quel periodo storico ed artistico, sono ancora tutte in loco. Dal libro di Rosetta Sacco Piccolo, “la mia vita con Peppino Piccolo”, si apprende che “egli era attratto fortemente da questa tecnica particolare (l’affresco n.d.r.) alla quale dedicò molta attenzione rigorosa per diverso tempo. Purtroppo l’opera nella casa del fascio di Pomezia è andata distrutta e ne restano solo foto in bianco e nero. Dopo Pomezia eseguì una grande pittura murale nel palazzo del Governo a Taranto e poi si spostò a Campobasso e Foggia per attendere ad altre decorazioni dipinte “a fresco”. Lavorò anche per la Cattedrale di Pantelleria e per il Palazzo della Borsa di Catania.”
L’ex G.I.L. di Campobasso, quindi, destinata a diventare Sede della Cultura ha già in sé 4 importanti realizzazioni di un artista in quegli anni molto prolifico e stimato in tutto il territorio nazionale. Esse sono di sicuro il punto di partenza per una pinacoteca e per una mostra a tema sull’arte degli anni 30/40. Ovviamente se ne dà per scontata anche una su Giuseppe Piccolo stesso, che fu anche un eccellente e famoso scenografo teatrale e cinematografico.



Totò e Peppino Piccolo
 alla Titanus nel 1957

P.Piccolo con
Aldo Fabrizi nel 1957
alla Titanus



Le foto sono tratte dal libro di Vincenzo Marotta "Peppino Piccolo", 1972